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Macchine per la lavorazione del legno: italiani leader e globali
La meccanica supera la moda secondo l’analisi del vantaggio comparato presentata da Prometeia al Workshop Ambrosetti di Cernobbio lo scorso settembre. Se la tendenza è questa i settori della meccanica strumentale comunque non stanno a guardare e la produzione di macchinari per la fabbricazione di prodotti da destinare al cliente finale rimane in buona parte saldamente italiana.
Nel settore dei macchinari per il legno in particolare nonostante una situazione mai totalmente ristabilita dalla caduta iniziata nel 2001 e che ha avuto il momento peggiore nel 2003 c’è sempre buona vitalità, la bilancia commerciale rimane largamente positiva con 1095 milioni di euro di export a fronte di 135 milioni di import (dati ACIMALL, 2003), e negli anni precedenti il divario era ancora più ampio. I mercati più importanti rimangono quelli tradizionali di Europa e Nord-America senza però trascurare la crescita dell’est europeo extra-UE e l’estremo oriente dove hanno impiantato i loro stabilimenti produttivi le grandi multinazionali del settore legno-mobile.
In Italia operano nel settore circa 300 aziende di dimensioni prevalentemente medio-piccole e una forza lavoro intorno alle 12000 unità. La produzione è concentrata in distretti nelle zone di Rimini, Pesaro, Thiene e in Brianza. Le quattro regioni ospitanti i distretti, Emilia Romagna, Marche, Veneto e Lombardia coprono quasi il 90% del fatturato nazionale del settore. Anche la concorrenza a livello internazionale proviene in gran parte da paesi tradizionali, la Germania in particolare.
Con il passare del tempo c’è stata una progressiva concentrazione degli operatori che ha portato, ad avere sulla scena pochi grandi gruppi diversificati protagonisti del contesto competitivo. I leader hanno effettuato acquisizioni in settori correlati per usufruire dei vantaggi dimensionali senza rischiare di perdere identità o creare situazioni di eccessiva complessità gestionale. Le aziende operanti nel settore delle macchine per la lavorazione del legno, sia i grandi gruppi che le piccole officine meccaniche, hanno la caratteristica comune di essere fortemente integrate verticalmente tanto che i leader di settore posseggono o hanno controllo diretto delle fonderie fino alle filiali commerciali dislocate in tutto il mondo. Dove possibile aziende specializzate si occupano della componentistica vendendo sia all’interno del gruppo che sul mercato verso terzi. Nella fase produttiva la presenza di know-how è ancora prevalente sui possibili vantaggi derivanti da un’eventuale delocalizzazione verso luoghi dove il costo del lavoro è più basso.
Quello dei macchinari per la lavorazione del legno è dunque un settore maturo e tradizionale per dinamiche competitive (l’innovazione è incrementale, si lavora su costi e specifiche tecniche del prodotto) e anche per tecniche manageriali. Terminata nel 2001 una fase di crescita il settore è alla ricerca di efficienza, redditività e dove possibile occasioni di espansione. L’attività di ricerca e sviluppo anche in collaborazione con Università e centri di ricerca riguarda nelle aziende leader investimenti intorno al 5-6% del fatturato, altro aspetto insieme a contenimento dei costi e capacità commerciali che può mettere in difficoltà le PMI del settore ma esalta l’attuale situazione: una globalizzazione italo-tedesca.
Gianpaolo Capozzi
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